Aurelia De Martin Pinter
Opera 1^ classificata
Metamorfosi
Mi faccio vento di brugheria
e porto via con me il velo
che ottenebra la mente,
la mano che uccide,
le urla laceranti di bimbi
invecchiati dal dolore.
Mi faccio acqua sorgiva
e inondo di fiumi di luce
ogni angolo nero assetato di me.
Mi faccio fertile di terra di pianura
e partorisco il seme
che non inaridisce mai,
il germoglio che resiste,
la foglia che non cade.
Mi faccio orecchio
per catturare ogni sussurro
del cuore del mondo,
parole non dette,
sillabe mute
del silenzio dell’anima.
Mi faccio narici
per respirare il profumo intatto
del mare
non ancora solcato
da navi nemiche,
all’alba dell’umanità.
Ugo De Santis
Opera 2^ classificata
Cipressi
Sfiorare le cime degli alberi
con lo sguardo perso oltre i confini,
sentirne il profumo del verde
che ci confonde persino la mente,
guardarle ondeggiare sospinte dal vento
come altalene per angeli inquieti,
cipressi in ricordo di morti adorati
in un mondo che non ha memoria,
cipressi in ricordo di morti sbagliate
in un mondo che odia anche gli alberi.
Cinzia Del Vecchio
Opera 3^ classificata
Luna
Ascolto
la goccia costante.
La lacrima eterna.
La notte mi accompagna,
e da lei rubo sogni
di nuove vite,
per restituirli al mattino
dopo averli vissuti.
Le mie dita
saranno presto rapite
da tremanti battaglie.
Come un artista impazzito
che dimentica ogni errore
guarda se stesso
e sorride.
Le dita tra i capelli.
A cercar di vecchie follie.
Treni e città.
E tu che osservi.
Rosa Maria Corti
Opera 4^ classificata
Meriggio d’estate
Sparute ginestre vicino alle finestre,
salvia scarlatta in un vaso di latta.
Una zappa, un rastrello posati in un canto,
lunghe onde di fieno nel campo.
Cercavo la poesia di un papavero rosso,
l’azzurro del fiordaliso,
l’ombra di un sorriso:
brandelli di fatica e sudore ho trovato
in questo meriggio d’estate
sotto un cielo infuocato.
Lavinia Cioli
Opera 5^ classificata
Un dolce sonno
Se morir altro non fosse
Che infinito e dolce sonno,
Affiderei tutti i miei giorni
Al sol dell’imbrunire…
E nel socchiudersi degli occhi
Velocemente vedrei svanire
Umani affanni, ansiosi dubbi e vecchi
Frammenti di speranza…e di sua fine.
Cos’io potrò mai dire, a ‘si tal punto
Se non mostrar le nude mani al cielo
E ‘sì pregar, qualunque Dio, allorché giunto
Il mio momento, copre la paura con un velo?
Come vorrei nell’illusione andare
Tra care genti, senza nutrir terrore.
Come vorrei…ancora allor sperare
Di trovare pace, serenità…amore.
Romano Scaffardi
Opera 6^ classificata
Solo
Non voglio fare il solito piagnisteo
non voglio parlare
di sera che scende
di luna che sale
di stelle che brillano,
di solitudine.
Ma è difficile essere allegri
mentre – solo –
in questa casa – dormitorio
faccio il bilancio dei miei giorni.
“L’età d’oro”, c‘è chi l’ha definita.
Solo di una solitudine voluta e subita
mi stendo sul letto
mi alzo e mi stendo ancora.
Il giradischi suona Stan Getz
ma il suo sassofono non può togliermi
il senso di impotenza e di accesa indocilità
di incapacità di vivere
che mi assale. – appunto –
di vivere come vivo.
Rina Ravera
Opera 7^ classificata
Vecchio
Nel dolce calar della sera
le tue mani fremono
unite nella preghiera.
I tuoi occhi ormai stanchi
fissano ritratti lontani
appesi alle pareti.
La tua bocca scarna e tremante
canta lievi ninne nanne
che oramai più nessuno ascolta.
Ma un timido e dolce sorriso
illumina per incanto il tuo volto
se un piccolo bacio di bimbo
si posa lieve sulla tua fronte.
Claudio Bellini
Opera 8^ classificata
Ester ha solo i papaveri
come amici
e li pensa anche di notte,
quelle notti che sono più scure,
quando anche le stelle
hanno timore di ferirsi.
Ester conta le attese
che come ragni rigano la gola
di noduli irrisolti
ed i secondi diventano chiodi
dove la ruggine immane comanda.
Ester e le sue gambe
a rotelle,
crisalide rinchiusa nella morsa
della diversità.
Scivola sui vetri
una lacrima fredda come neve,
gelida carezza
di cuore sfregiato.
Oltre la finestra
Ester sogna ancora,
una sedia colma di papaveri
e la corsa di un’ora.
Emilio Dezani
Opera 9^ classificata
Bambini
E vi penso, bambini inermi persi nel nostro tempo di uomini avvinti
solo dall’odio di un mondo, confuso dalla noia, non sapete più giocare
né perdere né vincere…
Bambini misurati dal contagocce, fiutati dal destino incerto della scienza
rapiti dal dolore della guerra, violentati dalla mano degli adulti distratti
scolpiti nella memoria dell’inganno!
Dolci parole devono attraversare i vostri cuori, non paura, odio, guerra
e noi distratti dalle nostre virtù, vi abbandoniamo lungo il sentiero di
una vita sconosciuta…
Cosa vi stiamo regalando, perché non abbiamo rispetto della vostra
innocenza perché?
Voi miei, nostri bambini, nostro futuro mai più passato, insegnateci
qualcosa della vostra innocenza, e provate a graffiare il nostro volto, ma
non ci abbandonate alla nostra noia di adulti…
Franco Casadei
Opera 10^ classificata
Corsie d’ospedale
Al mattino percorro
corsie di dolore,
di odori
che la notte ha condensato
nell’attesa lunga di un albore
fra sofferte mura
e cuscini umidi
del tempo che non scorre
enigmi d’occhi
mani adagiate bianche
a sera in casa si conserva,
nella memoria
l’eco degli sguardi
ed un silenzio bianco
ferito dai lamenti.